Halloween? Facciamone una festa dei vivi...

Scritto il 28/10/2025
da Guidalberto Bormolini

Siamo alle porte della Festa di Halloween, che si dichiara festa celtica: ma siamo certi che sia davvero radicata nelle affascinanti e antiche tradizioni europee? La versione consumistica di un'antica e nobile tradizione sta forse contribuendo all'insana rimozione dell'idea della morte che pervade la nostra società?

L'Occidente europeo deve molto alle sue radici celtiche, da cui sorse anche uno straordinario movimento monastico e una delle esperienze spirituali più intense del continente. Il monachesimo celtico insegnava a contemplare il cosmo e i suoi ritmi come riflesso della "presenza" divina in ogni manifestazione naturale. Nell'antica tradizione irlandese lo scorrere del tempo era scandito da quattro grandi feste, la più nota è Samhain: il 1° novembre che era celebrato come un capodanno. Era un giorno, e soprattutto una notte, in cui si riteneva che la barriera tra il mondo visibile e quello invisibile si assottigliasse al punto tale da lasciare un varco in cui il mondo dei morti e dei vivi entravano in comunicazione, e tutti potevano tornare ad abbracciarsi. Appare ben chiaro, quindi, come la tradizione consumistica di Halloween sia abissalmente distante dalle origini irlandesi, e temo che la sua attrattiva faccia leva sul profondo bisogno di spiritualità della nostra umanità disorientata, ma offrendo un vuoto e deforme surrogato. Tra l'altro, essendo io un tanatologo (gli antropologi che studiano la morte), mi genera tanta tristezza vedere che abbiamo importato a cuor leggero una moda consumistica attraverso cui si educano i bambini all'idea che l'aldilà è solo regno dell'orrore. È insano, e gli studiosi lo sanno bene: soprattutto perché si aggiunge a un altro problema che è la rimozione sistematica della morte come evento naturale a cui si è votata la civiltà del benessere. La modernità non ha cancellato la morte, l'ha solo spettacolarizzata, presentandola come un evento terribile, ma che riguarda gli altri e non noi in prima persona. Grazie a film, fumetti e videogiochi sembra che la morte si incontri solo per colpa di entità negative come vampiri, zombie, demoni e alieni terrificanti. A causa di tutto ciò quando arriva la cattiva notizia che annuncia l'imminenza della propria fine o di coloro cui siamo legati ci si sente vittime di un "raggiro", poiché incapaci di attendere la morte nella sua naturalezza. Vi siete accorti di quanto sono belle le foglie in autunno? Lo dice bene il poeta John Burroughs: "Come invecchiano meravigliosamente le foglie. Come sono pieni di luce e colori i loro ultimi giorni".

Sarebbe solo un bene se anche i bambini venissero educati a un rapporto con la morte e i morti, e le ricerche scientifiche a questo riguardo lo confermano. Grandi antropologi e tanatologi sostengono che le società che più tutelano l'integrità della persona sono quelle che lasciano spazio all'idea della morte, mentre occultarla ci rende paradossalmente necrofili, devastati da ossessioni patologiche. Negare la morte genera un'altra morte. Nella storiografia il sorgere della civiltà umana è fatto risalire alla cura dei morti, attraverso i riti della sepoltura. Quindi noi definiamo la civiltà con il manifestarsi di un fenomeno squisitamente spirituale: la convinzione che la morte è l'inizio di altra vita. Se gli esperti hanno scelto di definire la civiltà umana a partire da un fatto spirituale, questo attesta che la spiritualità è spontaneamente colta come un fatto antropologico universale di immediata evidenza.

Se per molti è lecito diffondere la moda consumistica americana di Halloween (ben diversa dalla festa celtico-irlandese originaria), ci pare ben più lecito proporre a tutti l'usanza popolare della festa siciliana dei morti, in cui i defunti portano ai bambini ceste piene di regali. Andrea Camilleri narra la trepidante attesa dell'incontro con "morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento perché i morti avevano voglia di giocare con noi". E la mattina di quella festa i bambini scorrazzavano felici nel camposanto a ringraziare i propri cari, che erano solo invisibili e non inesistenti. E portatori di doni, non di orrore.

*Monaco e scrittore