Nuovi idoli a sinistra: i tre "resistenti palestinesi"

Scritto il 18/12/2025
da Francesco Giubilei

Stesso format usato per Shahin: mobilitazione di piazza per gli imputati de L'Aquila

Il modus operandi è stato messo a punto con il caso dell'Imam Mohamed Shahin: manifestazioni di piazza dei gruppi pro Pal, uso della violenza da parte dei collettivi come con l'attacco alla redazione de la Stampa, pressioni politiche della sinistra, infine il risultato ottenuto grazie ai giudici. Ora i movimenti pro Pal ci riprovano con altre tre figure imputate in un processo di cui domani al tribunale dell'Aquila si terrà l'udienza finale, si tratta di Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh accusati di associazione a delinquere con finalità di terrorismo. Yaeesh aveva avanzato una richiesta di asilo respinta dal Tribunale di Foggia, poi aveva ottenuto il permesso di soggiorno e la protezione speciale prima di essere arrestato il 27 gennaio 2024 a seguito di una richiesta di estradizione di Israele (respinta e poi ritirata nell'aprile 2024). Lo scorso 26 febbraio è stato rinviato a giudizio insieme ad Ali Irar e a Mansour Doghmosh dal Tribunale de L'Aquila (dove vive dal 2017) e, nell'ultima udienza l'accusa, ha chiesto 12 anni di reclusione per Anan Yaeesh, 9 anni per Ali Irar e 7 anni per Mansour Doghmosh.

Nonostante la grave accusa di terrorismo internazionale, il mondo pro Pal li definisce come appartenenti alla "resistenza palestinese" e, negli ultimi giorni, sono avvenute manifestazioni in varie città tra cui ieri di fronte la prefettura di Torino per una mobilitazione intitolata "la resistenza non si processa". La richiesta è "la liberazione immediata di Anan, Ali e Mansour, e di tutti i prigionieri dello Stato per il loro sostegno alla causa palestinese" sostenendo che il processo che stanno subendo "mostra ancora una volta la totale complicità dello Stato italiano nel genocidio in corso e nella criminalizzazione della legittima resistenza palestinese". Eppure il pubblico ministero Roberta D'Avolio ha presentato alla Corte d'assise d'appello una memoria di oltre 100 pagine che reca elementi di colpevolezza ben definiti a carico dei tre imputati.

A promuovere la mobilitazione torinese, così come quelle avvenute in altre città, è una rete di associazioni che si muove in modo coordinato in tutta Italia appoggiandosi di volta in volta a realtà territoriali. Si tratta dei Giovani Palestinesi, dell'Unione Democratica Arabo-Palestinese (Udap) e del Progetto Palestina che hanno promosso la mobilitazione piemontese con l'associazione Torino per Gaza, molto attiva anche nel caso dell'Imam Mohamed Shahin.

Come con Shanin, è stato inoltre creato un comitato denominato "Comitato Free Anan" ma, in questo caso, si è fatto di più realizzando il documentario Colpevoli di Palestina a testimonianza della volontà dei mondi pro Pal di fare proselitismo.