Di solito si dice che non c'è due senza tre, ma Paramount è riuscita ad arrivare a sette. A partire dallo scorso ottobre la società guidata da David Ellison, figlio del fondatore di Oracle, ha infatti presentato ben sette offerte per acquisire Warner Bros Discovery, l'ultima delle quali apertamente ostile a quella di Netflix. Nel dettaglio, Paramount ha messo sul tavolo 30 dollari per azione in contanti, per una valutazione complessiva di 108 miliardi, circa 25 miliardi in più rispetto all'offerta del gruppo di streaming, accettata il 5 dicembre. Eppure, ancora una volta, il consiglio di amministrazione di Warner Bros ha respinto la proposta, confermando la preferenza per Netflix.
La bocciatura è stata motivata nero su bianco in una lettera dai toni duri inviata ieri agli azionisti. Il board di Wbd ha definito l'offerta di Paramount «illusoria», sottolineando come il finanziamento sia sostenuto da un trust della famiglia Ellison, e non da una garanzia personale di Larry Ellison, uno degli uomini più ricchi d'America. Secondo il consiglio, Paramount avrebbe «costantemente fuorviato gli azionisti di Wbd sostenendo che la transazione proposta ha il pieno sostegno della famiglia Ellison». «Non è così, e non lo è mai stato», si legge nella lettera. In altre parole, per Warner Bros Discovery l'operazione proposta da Ellison presenta un livello di rischio giudicato inaccettabile, mentre l'accordo con Netflix offrirebbe certezze. A pesare sulla decisione c'è anche un aspetto tutt'altro che secondario: qualora gli azionisti rifiutassero l'intesa con Netflix, sarebbero chiamati a sostenere fino a 4,3 miliardi di dollari di penale di rescissione.
Nonostante l'ennesimo stop, David Ellison non arretra. Ha ribadito che «l'offerta di Paramount otterrebbe rapidamente l'approvazione delle autorità di regolamentazione, perché stimolerebbe la concorrenza nel settore creativo anziché rafforzare un monopolio». Un argomento che ha già trovato sponda politica: il presidente Donald Trump, da tempo vicino alla famiglia Ellison, ha più volte espresso preoccupazioni sul crescente potere dei grandi colossi dello streaming.

